L’attivismo è una battaglia che si combatte per i propri diritti. Per ottenere qualcosa che prima non c’era. Per esempio una legge che definisca confini e distribuisca opportunità. E questo è un aspetto formale, sul quale si misura peraltro l’evoluzione e la civiltà di una società. Mi pare che siamo ancora molto lontani: dalle barriere architettoniche che popolano le nostre città alla mancanza di una legge che definisca la regolamentazione di bambini nati da coppie omosessuali. In mezzo c’è il mare (a volte in tempesta) della vita. Oltre all’aspetto “formale”, necessario e importante, c’è la parte umana. Possiamo creare un luogo di integrazione e inclusione solo e soltanto attraverso un contatto, una connessione. Compassione: sentire con empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Quando si parla di disabilità c’è un grande rischio: l’inspirational porn. È stata definita così quella attenzione, a volte morbosa, dei mass-media nei confronti di persone con disabilità valorizzate per il solo e semplice fatto di avere una disabilità. È un rischio. Vale però la pena correrlo. Purtroppo ci sarà sempre qualcuno che userà in modo improprio una storia. Fa niente. Andiamo oltre. Per una persona che non capisce, se ce n’è anche una sola che cerca di capire e di capirti, allora ne vale la pena…
Dovremmo tornare tutti bambini: non aver paura di fare domande. Loro sono curiosi, non morbosi. Vogliono sapere. Capire. Conoscere. Loro non hanno filtri. Conoscono per esperienza diretta. Tutto quello che esiste ha diritto di esistere. Essere come bambini. Un Bell’augurio per tutti noi.
Alessandra è stata la maestra di Chiara, la mia seconda figlia. Quando mi ha detto che nella nuova prima ci sarebbe stato un bambino ipovedente mi sono commossa. Eroi. Tutti i bambini con una disabilità sono degli eroi, dei condottieri. Senza volerlo, senza averlo chiesto. Senza neanche saperlo. L’infanzia dovrebbe essere l’età della libertà e della leggerezza. I bambini nati con una disabilità sensoriale non riescono a spiegare come vedono o come sentono. Il loro mondo è la normalità. Qualcuno ha definito la disabilità come un ingombrante “zainetto” sempre presente sulle proprie spalle. È un’immagine forte e chiara che evoca la fatica proporzionata anche con la grandezza delle proprie spalle.
A volte non è facile neanche per chi lo vive solo da vicino. Quando si svolge un lavoro con una vocazione, ogni giorno è una sfida, ogni giorno è un’opportunità di crescita, ogni giorno è pieno di luce. Queste sono le parole di Alessandra per raccontare questa storia: un bambino, la sua maestra, la sua scuola e quello che lui involontariamente le trasmette e le insegna…
Grazie di cuore per averla condivisa con noi.
Per chi vive con una disabilità visiva, ogni raggio di luce che filtra attraverso l’oscurità è un tesoro prezioso, una finestra su un mondo che sembra sfuggirgli ma che non rinuncia a perdere del tutto. La sfida più grande non è solo la convivenza con la progressiva perdita della vista ma l’intenso e inarrestabile desiderio di continuare a vivere, sfruttando ogni briciolo di visione residua come una scintilla che brilla nella notte.
Chi, come me, ha la fortuna di vedere può difficilmente capire cosa significhi aggrapparsi a quella debole luce. I nostri occhi sono un dono scontato, un meccanismo perfetto che funziona senza sforzo. Ma per chi vive con una disabilità visiva, anche una scheggia di colore, un’ombra indistinta o una forma sfocata possono trasformarsi in un universo di possibilità: una prova di speranza, un dono da custodire con forza.
Ogni giorno è una battaglia fatta di piccoli traguardi: le ombre che raccontano una storia, riconoscere i contorni di un volto amato, intravedere il calore del sole che filtra attraverso le foglie. Questi momenti, così ordinari per la maggior parte di noi, diventano per chi ha una disabilità visiva una continua scoperta del mondo, un motivo per sorridere, anche quando tutto sembra buio.
Il desiderio di vivere pienamente e di assaporare ogni dettaglio non si spegne mai. Anche quando la vista si affievolisce, lo spirito rimane forte e la volontà di vedere, di “vedere davvero”, non con gli occhi ma con il cuore, prende il sopravvento. Le persone con disabilità visiva chiedono attenzione, comprensione e sostegno nella loro silenziosa lotta per mantenere quel fragile legame con il mondo visivo. Il diritto a vivere una vita piena come tutti noi.
Come insegnante di scuola elementare, ho l’opportunità di osservare questa forza da vicino. Nella mia classe c’è un bambino ipovedente e vedo nei suoi occhi un profondo desiderio di esplorare tutto ciò che lo circonda. Ogni giorno si impegna a fondo per partecipare, scoprire nuovi dettagli e non lasciare che le difficoltà lo fermino. È una lezione di resilienza per tutti noi: la sua determinazione a non perdere nessuna esperienza è una testimonianza del potere della volontà e della forza interiore.
La società non sempre comprende questa lotta. Si tende a pensare che perdere la vista significhi arrendersi all’oscurità, ma la verità è l’opposto: le persone con disabilità visiva vivono in una costante ricerca della luce. È una corsa contro il tempo, contro le ombre che avanzano, ma è anche una dimostrazione di straordinaria resilienza. È un promemoria per tutti noi che vediamo, per fermarci un attimo e riflettere su quanto sia importante ogni singolo scorcio di mondo.
In questa corsa silenziosa, ogni persona con disabilità visiva ci insegna a vedere meglio, non con gli occhi, ma con l’anima. Ci mostrano che la vista non è solo un senso, ma una connessione profonda con ciò che ci circonda. Forse ciò che dovremmo imparare da loro è che, anche nella penombra, c’è sempre qualcosa di straordinario da scoprire. La mia speranza più profonda è che ogni persona possa sviluppare una sensibilità autentica verso ogni forma di disabilità, affinché chiunque si senta accolto e compreso nel proprio percorso di vita. Solo unendo i nostri cuori e guardando oltre le apparenze, possiamo davvero costruire una società in cui ciascuno, con le proprie sfide e unicità, si senta abbracciato e valorizzato.
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