Storie dal mondo

Disability Pride

24 Febbraio 2016

Qualcosa sta cambiando. Nel mese di maggio 2015  la BBC ha pubblicato l’annuncio di ricerca per il nuovo presentatore meteo e come unico requisito ha richiesto una disabilità certificata: l’obiettivo era quello di promuovere la diversità sul piccolo schermo. Le ultime paraolimpiadi di Londra sono state un successo mediatico senza precedenti: 2, 7 milioni di biglietti venduti per un incasso di  cinquantasei milioni di euro (dieci milioni in più rispetto all’edizione di Pechino 2008), seguite in diretta TV in più di 100 paesi, un picco di ascolto di 4,2 milioni di spettatori durante la prova di Pistorius impegnato nella gara dei 400 metri. “Sfide”, il programma tv di Rai Tre presentato da Alex Zanardi che racconta “lo sport come non l’avete mai visto”, un grande successo di pubblico da molti anni ormai. “The simply interview”, il video girato da Giacomo Mazzariol, un diciottenne della provincia di Treviso che racconta attraverso un finto colloquio di lavoro chi è suo fratello Giovanni, affetto da sindrome di Down. Da quando è stato postato il 21 marzo 2015 in occasione della Giornata Mondiale delle Persone con sindrome di Down è diventato virale in pochi giorni toccando il cuore di tutti e ad oggi conta 135.406 visualizzazioni. “Changing the face of beauty”, il progetto di un’associazione nonprofit con l’obiettivo di promuovere la rappresentazione nel mondo dei media e della pubblicità di persone con disabilità. E ancora, a seguito delle 20 mila firme raccolte dalla petizione on line, l’azienda produttrice  di giocattoli Lego ha presentato, lo scorso gennaio, il primo omino su sedia a rotelle nella serie city. Si tratta di nn’altro grande successo delle tre mamme inglesi che hanno realizzato il progetto #ToyLikeMe con l’intento di sensibilizzare le aziende costruttrici di giocattoli verso il tema della diversità. Sono 150 milioni in tutto il mondo i bambini con una qualche forma di disabilità che hanno bisogno di riconoscersi e di essere riconosciuti.

Molto deve ancora cambiare. “Disability Pride”, l’orgoglio di essere come si è. Con la voglia di raccontarlo, di condividerlo, senza paure, senza vergogna, anche con ironia, scherzandoci un po’ su,  per cercare un po’ di leggerezza che serve prima di tutto a noi che il “problema” lo viviamo quotidianamente sulla nostra pelle. Ci sono quelli che sono nati così, chi lo è diventato per un incidente o una malattia, chi ha qualcosa in più, chi in meno, chi ha qualcosa d’altro, di diverso. Qualche estremizzazione c’è, qualche enfatizzazione è necessaria per ottenere un po’ di visibilità e un po’ di spazio nel mondo. “Non può esserci identità se non c’è differenza”, diceva Levì-Strauss. E allora forza, facciamola vedere questa nostra DIVERSITA’, sfiliamo per le vie di queste nostre città indossando piume e vestiti pieni di colore, mostrando il nostro volto con orgoglio, facciamo divertire divertendoci. Secondo me è questo il senso di una “sfilata” per i diritti di chi ha meno voce, di chi ha meno spazio. Un sogno, una follia, è un po’ uno e un po’ l’altro. Quei 150 milioni di bambini in giro per il mondo diventeranno grandi, avranno una vita sociale, lavoreranno, molti si sposeranno e alcuni avranno dei figli. Saranno anche loro parte del mondo del futuro. La preoccupazione che ci sia una strumentalizzazione c’è ma è un rischio che vale la pena correre.

Foto di Stefano Regondi

 

You Might Also Like

No Comments

Leave a Reply