Qualche anno fa ho partecipato ad un illuminante incontro con argomento l’autostima dei nostri figli durante gli anni della crescita. Gustavo Pietropoli Charmet, psichiatra e psicoterapeuta fondatore e responsabile del consultorio Minotauro spiegava che dal concepire il bambino come un contenitore in cui metter dentro si è passati negli ultimi vent’ anni ad una visione maieutica in cui il bambino ha innate delle competenze che devono essere tirate fuori. Ecco allora che il compito degli educatori, insegnanti e genitori, diventa quello di interpretare i segnali per sviluppare i talenti propri di ognuno. Si tratta di una svolta epocale nel paradigma educativo!
Agli estremi abbiamo così due modelli: quello autoritario e coercitivo del passato e quello libertario dei nostri giorni, imperniato sulla soggettività e individualità del bambino. Questo cambiamento è da imputare anche alla trasformazione della società stessa: da una piramide con tanti bambini e pochi anziani, adesso c’è un capovolgimento: un imbuto con pochi bambini e tanti anziani. I bambini diventano così un bene prezioso, godendo di enorme potere nei confronti degli adulti.
Le mamme sono quasi tutte donne lavoratrici e con la capillare diffusione degli asili nido si è favorita una precoce socializzazione del bambino che è diventato bravissimo ad interagire con gli altri coetanei. Due sono le conseguenze: un’accelerazione delle esperienze relazionali e il dominio imperante del gruppo. Il rischio, durante la pubertà e l’adolescenza, è di delegare al gruppo stesso la scelta nelle varie decisioni della vita. Se lo fanno gli altri, lo faccio anch’io; se lo fanno gli altri, è giusto. A questo concetto si lega anche la perdita del senso di colpa e l’incapacità nel riconoscere i ruoli dell’altro da sé, genitore o insegnante che sia.
La sfida è nuova ed immensa.
La scuola purtroppo non è sempre all’altezza del cambiamento in atto perdendo così la sua occasione di evoluzione. Come spiega efficacemente Ken Robinson nella sua famosissima TED CONFERENCE “How schools kill creativity” del maggio 2006, il sistema scolastico imperante è stato creato per soddisfare i bisogni della prima società industriale ed è fondato sull’importanza delle materie scientifiche e delle lingue, poi vengono le materie umanistiche infine le arti. Di più, è basato su un sistema valutativo che stigmatizza gli errori. Bisogna essere preparati a sbagliare altrimenti non verrà mai in mente qualcosa di originale. Noi esseri umani non diventiamo creativi, lo siamo già, solo disimpariamo ad esserlo mentre i bambini sono per loro natura creativi e innovativi: non hanno paura di “provare a fare”.
Espressività, creatività e soggettività, intesa come attenzione all’individualità di ciascuno, devono diventare così gli obiettivi della nuova educazione. Si tratta di mettere in atto una vera e propria rivoluzione. Occorre adottare una nuova concezione di ecologia umana in cui riconsiderare la straordinaria ricchezza e varietà delle capacità umane. I bambini di oggi sono gli uomini di domani, sono l’investimento migliore per il nostro futuro: la nostra unica speranza. Se sapremo educarli all’interezza della loro persona essi avranno gli strumenti per affrontare l’incertezza del presente.
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