Adesso che le figlie erano grandi aveva molto tempo a disposizione per sè. Non le piaceva dire che era libera di poter fare ciò che più le piaceva perchè in realtà tutto ciò che aveva fatto nella vita l’aveva scelto e desiderato. Solo che adesso il tempo aveva cambiato forma, si era come dilatato lasciando uno spazio infinito di possibilità. Dopo tanti anni a pensare agli altri, adesso si ritrovava di nuovo immersa in sè stessa, come in una rinnovata forma di egocentrismo. Lei al centro e tutto il resto al di fuori di lei.
Si sentiva più bella di quando era giovane. Le rughe segnavano si il suo volto ma il suo sguardo ne aveva guadagnato in profondità e si moveva ancora con una certa sicurezza, nonostante tutto. Non era stato facile quando le bambine erano piccole e avevano bisogno di lei perché, anche se cercava di essere una mamma molto attenta e premurosa, alcune tra le cose più comuni che tutte le mamme fanno per i loro figli le erano impossibili. Ad esempio accompagnare i propri figli a danza o in piscina nelle ore dopo la scuola, o decidere di andare al cinema senza essersi organizzata con qualcuno per il trasporto o più semplicemente andare a trovare un’amica e i suoi bambini che abitano dall’altro capo della città per il piacere di stare insieme. Questo, tempo addietro, l’aveva gettata a volte nel panico.
Qualche cosa si era sempre inventata, gli anni erano trascorsi e quelle due donne che aveva di fronte sapevano quello che volevano e come ottenerlo. Tutto questo a volte le sembrava un miracolo ma in fondo lei aveva sempre creduto nei miracoli.
Il primo giorno l’aveva trascorso camminando e leggendo. Indossava le scarpe fucsia da runner senza lacci, un pantalone morbido di colore nero e la sua felpa preferita. Portava i capelli sciolti sulle spalle e indossava i suoi grandi occhiali da sole che proteggevano quel che rimaneva dei fotorecettori della sua retina. Aveva camminato per ore nel parco che conosceva bene fin dall’infanzia e che, da poco, aveva scoperto essere il parco recintato più grande d’Europa. È’ incredibile quanto poco si conosca di ciò che ci sta vicino e di quante cose si possano scoprire nell’arco di una vita. L’odore della primavera in procinto di sbocciare era ovunque e penetrante. Per lei il mondo era sempre stato prima di tutto un odore. Era il senso più sviluppato del suo corpo. Su cinque due erano malandati ma dei tre rimanenti l’olfatto era sicuramente quello migliore. “Rinascessi ora”, amava dire, “sceglierei di fare il “naso” come lavoro per la vita”. Era capace di entrare in una stanza e di chiedere se qualcuno aveva appena mangiato un ostrica o di capire che la pioggia aveva cominciato a bagnare l’asfalto o la terra, sprigionando il loro odore o di percepire quello del bucato steso al sole rispetta a quello asciugato nel ventre infernale dell’asciugatrice…
La mattina successiva si era alzata tardi. Aveva accesso il cellulare per scaricare la posta e controllare i messaggi. Emma e Chiara cercavano di scriverle tutti i giorni per raccontarle cosa avevano fatto, che programmi avevano ma soprattutto per chiederle come stava: ti senti sola? Come passi le giornate? Come sta papà? Lavora sempre tanto? Fa ancora freddo? Cosa stai leggendo? La tenerezza di quelle semplici domande la inondava di tristezza e malinconia e al tempo stesso di immensa gioia. Sapeva che sarebbe successo e che era giusto e normale ma provava emozioni forti e contrastanti se pensava alle sue figlie lontane da lei e dalla casa in cui erano cresciute. A volte sapere non basta, a volte non è sufficiente conoscere per capire. I nostri figli ai nostri occhi non diventano mai grandi.
Raccolse i jeans e la maglia blu tampone dalla sedia ai piedi del suo letto. Si vestì, si truccò appena le guance per colorare un pò il viso e uscì. Fece colazione con cappuccio e brioche nel primo bar sulla strada. Poi si avviò felice e sorridente verso il panettiere all’angolo. Quando passò davanti alla vetrina della sua agenzia viaggi ripensò a quel vecchio progetto impossibile. Adesso n0n lo era più. Di lì a un mese il nord Europa sarebbe stato invaso dalla luce del sole di mezzanotte quando il giorno non finisce mai e la notte è costretta ad aspettare il suo turno per mesi per poi regnare sovrana durante l’inverno. Soprattutto voleva liberare i suoi occhi dalla cecità notturna e godere del beneficio del sole e della luce per 24 ore su 24 per più di 60 giorni consecutivi.
Scelse l’arcipelago delle isole Lofoten in Norvegia, molto al di sopra del circolo polare Artico. Prenotò un camping cabin per quattro al Lofoten Feriesenter a Svolvaer. Sicuramente Alessandro, le ragazze o qualche amica sarebbero andati a trovarla per un breve soggiorno. Mancava ancora un mese alla partenza, aveva tutto il tempo di organizzarsi…
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