Racconti di vita

California, l’icona di un sogno

7 Aprile 2025
Big Sur

L’icona di un sogno

“La California è la California. Non è un posto qualsiasi degli Stati Uniti o del mondo. (…) è l’unico Stato d’America che ha diritto ad avere un proprio sogno: California dream”. Francesco Costa

Un viaggio negli Stati Uniti è inevitabilmente un viaggio nel mito. Il mito del cinema, della musica, della cultura Yankee, cowboy, Hippy , Yuppie e da qualche decennio anche nel virtuale, nel metaverso, nell’universo tecnologico. 

Ogni immagine vista in ogni fotogramma di ogni film o serie americana ha permeato la cultura europea, soprattutto dalla seconda guerra mondiale in poi. Sono particolarmente legata a questa terra. È l’unico posto nel mondo dove ho vissuto oltre al luogo dove sono nata e cresciuta, per soli sei mesi e sull’altra costa: Boston, ma questa è un’altra storia. 

La scoprirete spero, un giorno, con i miei occhi di allora, una giovane ragazza di vent’anni, nelle parole della donna che sono oggi. 

In America tutto è grande. Tra una metropoli e l’altra la natura è selvaggia, a volte arida, desertica, desolante. 

Tutto è libero e anche liberatorio, o almeno così appare. Le distanze sono enormi, huge, immense. Questo, io credo, condiziona inevitabilmente la costruzione della propria idea di società, cultura e quotidianità. Oserei dire di identità individuale e collettiva. 

Definendo insomma, con parole e immagini, la narrazione di chi ci vive e di chi l’attraversa anche se dopo un viaggio di solo qualche settimana. 

Le strade sembrano infinite, si moltiplicano sotto lo sguardo attento e vigile, quanto rapito, assorbito e perso, di chi sta guidando o guardando fuori dal finestrino. Le porzioni al ristorante sono giganti. Le corsie dei supermercati moltiplicano quasi all’infinito i prodotti. I grattacieli altissimi, sovrastano le teste di minuscoli esseri umani che si affannano nella vita di tutti i giorni o nei giri turistici.

Non sarai mai pronto a capire nel profondo tutto questo finché non lo vivrai.

Gli occhi degli altri

Ripercorrere strade già viste, conosciute decenni prima, ti riporta a emozioni sopite, atmosfere dimenticate, sogni passati e oggi riscoperti. Me lo sono chiesta se avesse un senso o fosse interessante rifare, in parte, un viaggio già esplorato. La risposta è sì. 

Ho (ri)visto tutto con gli occhi delle mie figlie e l’ho visto con gli occhi di oggi, che non sono più quelli di allora: i colori meno nitidi e le forme meno riconoscibili. Spesso devo chiedere di raccontarmeli, i paesaggi, le persone, tutto ciò che incontriamo. In qualche modo però li sento, li respiro, portandoli all’interno di me. Non riesco più a scattare fotografie, la mia grande passione; allora lo chiedo a chi mi sta accanto. Dando indicazione di come voglio l’inquadratura, quello che deve esserci, cosa si può tralasciare. Vedo lo scatto perfetto nella e con la mia mente.

Il vento

Apro gli occhi faticosamente. Le palpebre sono impastate l’una all’altra. Pesanti. Sento un formicolio al braccio. Cerco la sveglia. Ore 4:30 del mattino. Inspiro profondamente. Mi sento ancora ovattata, intorpidita, intontita. Mi sento ancora come in aereo. Mi giro su me stessa arrotolandomi nel letto finché non mi addormento. Dopo qualche ora ci svegliamo tutti. È il momento di alzarsi. I viaggi possono essere impegnativi. Le sveglie possono essere più direttive che durante l’anno. Apro le tende e la vedo. A modo mio, un piccolo puntino nel mio mondo sfocato. In mezzo alla baia si staglia l’isola di Alcatraz. Si fa spazio tra un grattacielo e l’altro. Ruba la scena di questo panorama mozzafiato, da un’altezza di 130 metri. 

Siamo atterrati a San Francisco da tre giorni ma non l’avevo notata prima di oggi…

Quando arriviamo al Pier per imbarcarci mi sembra di sentire uno sguardo sulle mie spalle. Uomini in attesa giudicati colpevoli sono pronti a partire per un luogo che non ha tempo né vita. Per noi l’attesa non è molto lunga. Sul ponte del traghetto tira un vento gelido. Anche se nessuno l’ha detto, nessuno l’ha fatto notare, il pensiero corre proprio lì. Chissà come si sentiva chi stava per andare ad Alcatraz. Il luogo dove, in molti casi, si doveva rimanere per tutta la vita. La cosa che mi ha colpito di più è proprio il freddo. Il freddo dentro e fuori. Il carcere è stato costruito arroccato su un’isola che è grande quanto uno scoglio o poco più. Inespugnabile, circondata dal mare della baia e dal vento gelido che sembra arrivare direttamente dall’aldilà. Percorrere i corridoi, visitare la mensa, la sala comune, le celle è stato un viaggio negli abissi profondi dell’anima. La proiezione è inevitabile e forse terapeutica. Non puoi non provare empatia per chi veniva rinchiuso lì dentro. Delinquenti, assassini, in fondo però, esseri umani. Uomini dalla parte sbagliata, che hanno compiuto scelte sbagliate e azioni sbagliate ma in fondo esseri umani. Come tutti noi.

La strada

“Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia.” Furore, J. Steinbeck

Negli occhi solo la strada. Lunga e diritta, il nulla intorno. Non è desolazione ma meraviglia. Il colore blu del cielo, la terra bruciata dal sole. Dal vento, dal tempo. Il nero dell’asfalto taglia in due il paesaggio.

Nella testa solo parole. Jack Kerouac e John Steinbeck, le loro storie e le loro suggestioni. Ora davanti agli occhi. Ti sembra di vederli, veri, in carne ed ossa, che attraversano le terre d’America da costa a costa, da nord a sud.

La strada è metafora della vita, fin dall’antichità. Dante apre la Divina Commedia con l’immagine di una strada perduta nel mezzo del cammino della vita. Le strade di ognuno di noi possono essere molteplici, diritte o tortuose a seconda dei momenti dell’esistenza. 

In queste strade americane, dietro quello che è stato, davanti quello che sarà, in mezzo ciò che sono ora…

Los Angeles

Scrivo queste mie parole dopo l’incendio che ha distrutto la città degli angeli. Non si può descrivere a parole il dolore. Si può cercare di ricreare il modo in cui si è consumato o l’atmosfera che l’ha anticipato o seguito. Il dolore bisogna provarlo sulla propria pelle per capirlo. L’empatia però, per i fortunati che la possiedono e per chi è interessato a svilupparla, aiuta a calarsi nei panni dell’altro.

Un evento naturale catastrofico ti riporta ad uno stadio animale. Quando un incendio, uno tsunami, un terremoto ti tolgono tutto e ti rimane solo la vita e le tue necessità vitali.

Los Angeles non è solo una città. È un simbolo, il luogo dove si realizzano i sogni. Il cinema è per eccellenza lo spazio dove questi sogni possono, forse, diventare realtà. 

Tutto racconta questo sogno. Non resta che guardarla incantati.

L’orso

Libero il bagno per chi viene dopo di me. In una famiglia con tre persone che portano i capelli lunghi è un rito che occupa molto tempo. Fuori il clima è caldo, afoso quasi oleoso. È passata da poco l’ora del tramonto e inizia un pochino a schiudersi la morsa in cui ci ha tenuto tutto il giorno. Lascia asciugare i capelli all’aria aperta così calda che sembra un phon naturale. Il terrazzino della nostra stanza affaccia sul fiume Merced, il corso d’acqua che come una vena attraversa la valle dello Yosemite National Park. Assorbo l’energia di ogni cosa intorno a me: le grandi rocce dentro e fuori il fiume, l’acqua che scorre inesorabile e insondabile, gli alberi. Il profumo della terra misto a quello dell’aria in una miscela unica. Sento i passi di Chiara che fa capolino dalla portafinestra della nostra camera. Mamma, c’è un orso. Dice a bassa voce, quasi un sussurro completamente immobile. Un orso? Chiedo io. Sì, guarda nel fiume, sta facendo il bagno… Volgo lo sguardo nella sua direzione e lo vedo, lì davanti a noi a pochi metri un po’ più in basso immerso nel fiume che cammina verso valle. Nero, lucente, riflette la luce del tramonto sopra di lui e dell’acqua sotto di lui. Una visione che toglie il respiro. 

Il fuoco

C’è un luogo dove è possibile respirare il calore dell’inferno. O almeno come si pensa possa essere. Per chi ci crede. Un luogo dove il caldo è così insopportabile e così inospitale da darle un nome suggestivo quanto spaventoso: Death Valley. La strada che uscendo da Las Vegas porta alla Death Valley è una strada come tante. Alle nostre spalle il caos, le luci, il frastuono e quel vortice dei sensi che è Las Vegas. Unica nel suo genere, da vedere almeno una volta nella vita. La seconda è già troppo, ma i gusti non si discutono. Le strade a quattro corsie che circondano la città ci permettono di scappare via velocemente. 

E ancora una volta circondati dal nulla. Il deserto del Mojave apre lo scenario sul nulla che precede il nulla. I colori intensi, saturi. Il caldo sale dalla terra e scende dal cielo. Non c’è tregua in quel luogo sperduto, assediati dal fuoco. Brucia la pelle, gli occhi, le narici. L’aria è irrespirabile… Ti senti come al centro della terra. Un’esperienza metafisica, la stessa atmosfera perfettamente e magistralmente impressa nei quadri di De Chirico.

Politically correct

L’attenzione che gli Stati Uniti hanno nei confronti della disabilità e delle diversità in generale è evidente ovunque. Hanno fatto battaglie, sono stati paladini dei diritti individuali di ognuno. Almeno sulla carta, almeno nei sogni. 

Ho saltato la fila all’immigration appena arrivata sul suolo americano. O meglio, ho fatto la fila dedicata alle persone con disabilità, esibendo semplicemente il pass per il parcheggio invalidi con il simbolo della comunità europea. C’è sempre una fila preferenziale, un ufficio dedicato, uno spazio riservato. Le associazioni di malati o legate a particolari disabilità negli Stati Uniti sono molto potenti. E influenti. Raccolgono fondi, fanno ricerca, trovano cure, scoprono geni. È un esempio da seguire. 

O almeno lo erano fino all’era Trump. Di quello che sarà oggi ancora non ne sappiamo niente.

Da persona con disabilità posso dirvi che ho apprezzato il “politically correct“. 

Le donne, le minoranze etniche, la diversità di genere e di orientamento sessuale, le disabilità, tutto e tutti sembrano avere e trovare un posto nella società americana. Non è proprio così nella realtà e nella quotidianità. Gli Stati Uniti d’America sono un territorio molto vario al suo interno. Dobbiamo sempre specificare se stiamo parlando della metropoli sviluppata o della fattoria rurale del Midwest. Lì ci vivono persone. Mi chiedo sempre che accessibilità abbiano e che attenzioni vengano loro riservate nei luoghi più sperduti del pianeta.

E la sensazione è che non sia tutto come vogliono far credere o come ci appare. 

La California on the road: alla scoperta di una terra tra realtà e immaginario. Un viaggio iconico tra metropoli oniriche e parchi naturali unici . Un viaggio da fare almeno una volta nella vita. Anche da ripetere, magari dopo due decenni. La California rimane scolpita nella memoria di viaggio come un pezzo di vita ancorata ad un paesaggio, ad una storia. Un pezzo di vita da lasciare, un pezzo di vita da portare via. 

Ogni viaggio è in fondo una rinascita.

Al fianco della California, nella mia memoria ci sono: la vista di Istanbul dal bosforo, i caffè che incorniciano la piazza principale di Antigua de Guatemala, gli stupa con le loro bandierine della preghiera che costellano il piccolo Tibet indiano, l’orizzonte infinito di colore verde della foresta amazzonica e il marciapiede bianco e nero di Rio de Janeiro, che rappresenta la congiunzione dei due fiumi. Potrei continuare all’infinito.

Ogni esperienza, ogni momento, si deposita nell’anima. Emozioni, immagini, colori, profumi, suoni e parole, paesaggi e scorci come strati del tronco di una sequoia gigante conservano e stratificano la nostra memoria di viaggio. Cambiandoci.

Le tappe del nostro viaggio in 20 giorni: 

Milano-San Francisco 

Monterey

(interstate 1 – Big Sur – Highway 101)

Los Angeles 

San Diego 

Las Vegas 

Sierra Nevada 

Yosemite National Park 

San Francisco

Pier 39 

Fisherman’s Wharf 

Alcatraz

Little Italy

Union Square e Gary Street

Golden Gate State Park

Golden Gate

Sausalito 

Castro District

Dolores park

Inter State 1

Santa Cruz 

Monterey

Carmel-by-the-Sea 

Big Sur

HW 101 

45-46 

Los Angeles 

  • Hollywood
  • Walk of fame 
  • Dolby Theater
  • Santa Monica 

Universal studios 

Osservatorio Griffith

Capital records

Malibù

Venice beach

Newport Beach

Laguna beach

San Diego

  • Whale Watching Cruise
  • La Jolla Cove e la Jolla Beach
  • Sea Port Village 
  • Balboa Park
  • Air and space Museum
  • Old town

HW 15

Calco 

Mojave desert 

Las Vegas 

Pawn shop

M&Ms store 

Old Las Vegas 

Venice

Cesear 

Flamingo

Bellagio

Luxor

MGM

Mandalay bay 

Wynn 

Death valley 

Zabriskie Point

Bad Water Lake

Devil golf 

Artist palette

Hwy 190

Kernville

Sequoia national monument – 100 Giant trail

Hwy 99

Hotspring road 

Hwy 41 

Yosemite 

Bridaveil fall

Tunnel view

El capitain (El capitan Meadow)

Mirror lake

Lower Yosemite Fall

Washburn point

Glacier point

(Half dome, illilouette fall, Vernal fall, Nevada fall)

San Francisco-Milano 

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