Racconti di vita

Artù

3 Febbraio 2016

Nonostante il buio sento i suoi occhi che mi guardano. Artù è immobile, rilassato. Controlla che il mio respiro sia regolare e veglia su di me. Come è solito fare tutte le notti da quando è entrato nella mia vita. Non si è accorto che sono sveglia e questo è molto strano. Non impossibile, niente lo è, ma alquanto strano si. Non pensavo che mi sarei potuta legare così tanto a lui. Lo immaginavo, un pò perchè mi conosco e un pò perchè lo dicevano tutti che sarebbe accaduto ma davvero devo ammettere che questo rapporto è per me qualcosa di nuovo eppure antico, archetipo.

Artù è il cane che vorrei avere al mio fianco. Un cane guida naturalmente. Nel momento stesso che ci ho pensato ho deciso che l’avremmo chiamato Artù. E ci sto pensando da un pò. Ne ho anche già parlato in famiglia e sono tutti entusiasti. Credo di averne ormai quasi bisogno. Ci siamo. E’ ancora prematuro ma non credo manchi molto. La sera è diventata buia tutto in un colpo e questo non mi piace. E’ come se avessi un coprifuoco da rispettare per non correre pericoli. E questo è un grande limite che cerco di rispettare.

Mi piace invece l’idea di essere guidata, protetta, incoraggiata. Non posso chiederlo alle mie figlie, ancora troppo piccole e bisognose loro stesse di protezione. Non voglio chiederlo a mio marito Alessandro,  per non dipendere da lui. Non è giusto nè per me nè per lui. Non ai miei genitori che nonostante lo spirito e la grande forma fisica sono loro che a breve avranno inevitabilmente bisogno di aiuto.

Ci sono anche tanti dubbi. Non ho mai avuto un cane nè nessun altro animale domestico. Sono consapevole che richiedono, in quanto esseri viventi e pensanti, molte attenzioni e che hanno bisogni fisici e psicologici. Poi c’è la questione degli spazi: abitiamo in un appartamento giusto appena per quattro persone, in una città dove purtroppo ci sono poche aree verdi dedicate  ai cani. E ancora: si adatterà al nostro stile di vita e noi riusciremo a comprendere i suoi bisogni e i suoi desideri?

Nonostante i ma e i se mi sto comunque informando. Leggo tra i vari siti on line che i cani guida sono scelti sopratutto tra alcune razze specifiche (pastore tedesco, labrador o simili) e che vengono consegnati dopo un addestramento molto lungo che può durare fino a due anni. Questi cani possono essere educati per seguire persone con diverse tipologie di disabilità: visive, uditive ma anche persone affette da autismo o da epilessia. Si entra così a pieno diritto nella pet theraphy, usata ormai per curare moltissime patologie, non ultima l’infertilità. Suggeriscono di cercare tra le scuole quella che ispira più fiducia. Inizio a capire che è qualcosa che va al di là della ragione e di una necessità anche se reale…

Mi viene in mente il capitolo XXI del Piccolo Principe, il più significativo, quello dove l’autore scrive la verità più vera di tutte: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi. Il Piccolo Principe incontra la volpe. non sono niente l’uno per l’altro ma se mi addomesticherai, spiega la volpe, allora tu sarai diverso e unico per me. Cosa vuol dire? chiede il ragazzino. Vuol dire creare legami; ci vuole tempo e dedizione ma…. “ne guadagnerò il colore del grano…” e il capire che …..”è il tempo che si è speso per la propria rosa che l’ha resa così importante.”

Ho voglia di essere  addomesticata e di prendermi cura di un cane che si prenderà cura di me. Di sentire il suo naso umido sulla mia mano e il ruvido della sua lingua sulla mia pelle e di capire esattamente quello che mi sta dicendo…

“Vincent”. Foto di Nicoletta Barbata

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