Racconti di vita

La scritta rossa. E tu?

29 Novembre 2015

Quando la vita mi parla mi capita di  ascoltarla, ogni tanto. Si tratti   di un articolo o semplicemente di una frase letta da qualche parte, di un libro o di un film, una storia che mi viene raccontata, riportata, sussurrata. Mi piace vederli come “segni” che stanno al posto di qualcosa d’altro e mi indicano una nuova strada. Oppure che quella che sto percorrendo è quella giusta. Per me, naturalmente. Non vale per tutti: non è infatti sempre uguale né è la stessa cosa per sempre.

“Voi ridete perché sono diverso ma io rido perché siete tutti uguali”. Chi l’ha scritta e perchè? Un ragazzo o una ragazza? Disabile o gay? E’ stato deriso, provocato, denigrato o anche maltrattato e picchiato? Immagino una mano sollevata verso il muro in quella notte buia e densa, dove nascondersi da tutti tranne che da se stessi. Quella scritta rosso sangue che parla di lui/lei e del suo dolore. La leggeranno o andranno oltre, come fanno sempre, come fanno in tanti; si  chiede prima di iniziare a scrivere quelle parole lapidarie per poi scomparire per sempre, inghiottito dal mondo e dalla vita. 

Mi sono chiesta tante volte perché non ho mai, e dico mai, subito un atto di bullismo. In questi giorni ancora più spesso perchè sto leggendo “Wonder” di R. J. Palacio ed. Giunti, il caso letterario dell’anno. Penso al bullismo verbale che a volte può essere più forte e distruttivo di un atto di violenza perchè annulla il diritto di essere come si è. E’ un fatto culturale ma anche primordiale perchè secondo me è generato dalle paure profonde che tutti noi abbiamo. “Wonder” nasce da un’esperienza personale dell’autrice che incontra al parco una bambina con la sindrome di Treacher-Collins, malattia che colpisce le fattezze del volto. Colta di sorpresa “come punta da un’ape” prende i suoi bambini e letteralmente scappa. L’altro da sé, disabile, gay, extracomunitario, più lento o più veloce, troppo alto o troppo basso, troppo rosso o troppo biondo; scava nel nostro io e ci mostra come siamo, nudi, allo specchio. I fantasmi vanno affrontati e presi per le corna perché non devono e non possono guidare i nostri pensieri e le nostre azioni.  

Personalmente ricordo di due singoli episodi davvero sciocchi. Il primo alle elementari una bambina che mi ha detto durante l’orario della mensa che avevo delle orecchie come quelle di un elefante. Non ho chiesto spiegazioni, ero una bambina timida e remissiva. Il secondo episodio è accaduto l’ultimo giorno di scuola della seconda media nel grande atrio degli armadietti. Qualche parola, una risata denigratoria e niente altro. L’anno scolastico successivo è iniziato come se niente fosse successo. Non sono stati atti di violenza ripetuti e voluti. Penso più ad una provocazione per vedere chi erano loro e chi ero io. Una storia di territorio e di definizione dei confini. 

Una bella fortuna la mia. Non ho una risposta del perché sia andata così. Mi piacerebbe averla per voi e per me. Cercare di capire, per aiutare. Credo che sia un misto di tante cose, come sempre. Un po’ di bellezza, un po’ di dolcezza, un po’ di fierezza, un po’ di resilienza, un po’ di inconsapevolezza, un po’ di innocenza  ed ecco la pozione magica che tiene tutti lontani. Se per tutti fosse così facile, così semplice…

 

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