In questo articolo non parlerò di invenzioni rivoluzionarie come le protesi acustiche che hanno ridotto l’impatto della sordità sulla mia vita. Nessuno si accorge che le porto, a volte mi chiedono anche di poterle vedere. Sono tutti sempre molto curiosi di come sono fatte. Nell’infanzia ho fatto qualche lezione di logopedia per migliorare la pronuncia della mia S e della mia Z, ma con scarso successo. Le mie figlie mi prendono sempre in giro per quella S fischiante quando pronuncio la parola serpente o sicuro. Come sarebbe stata la mia vita senza questa invenzione?
Tandem
Ho ricordi bellissimi legati alle due ruote. La bicicletta è stata più di un semplice mezzo di trasporto per me. Sono di quella generazione per cui il mondo dell’infanzia è strettamente intrecciato con la bicicletta. La usavamo per spostarci da un punto all’altro della città e la usavamo per giocare. Molto spesso ci salivamo in due, anzi quasi sempre. Uno guidava e l’altro si sedeva sul manubrio o stava in piedi sul portapacchi. Le mani sulle spalle di chi portava la bicicletta, un equilibrio precario. Della bicicletta mi ricordo anche le cadute. L’asfalto è duro. Ero quasi sempre io a cadere perché era quasi sempre Elide, la mia migliore amica, a guidare. Forse inconsciamente già allora sapevamo che lei vedeva meglio di me…A volte usavamo la mia bici, a volte la sua. Erano anni in cui il senso del possesso non era così definito come ora: mio o tuo erano più simili a nostro. Così ho trascorso la mia infanzia i pomeriggi dopo la scuola e tutte le estati. Anche i confini delle case erano meno netti di oggi. Sono cresciuta in un complesso residenziale formato da 70 famiglie con al centro un grande giardino pubblico, la nostra isola dei tesori. Le mamme che non lavoravano si occupavano anche dei bambini delle donne lavoratrici. A sorvegliare tutti noi c’era Marisa, la portinaia.
Ricordo anche le domeniche, tutte le domeniche della mia infanzia, in cui mio papà insieme ai suoi amici e ai miei zii partiva con la bicicletta da corsa per la Brianza, per poi raggiungere il lago di Como. Mi facevano sempre un po’ sorridere con quelle loro tutine attillate, lucide e colorate, con il cavallo imbottito e le scarpe con i tacchetti che si incastrano ai pedali. Davano loro un’andatura un po’ barcollante quando ci camminavano sopra prima di montare in sella. Non ricordo se portavano il casco, ma credo proprio di no. Erano giovani e belli, forti e possenti. Nel taschino posteriore della tutina c’era sempre qualche zolletta di zucchero. Non ho mai saputo se la prendevano veramente o se lasciavano semplicemente che noi bambini le infilassimo lì in attesa della loro partenza. Un pezzetto di noi con loro. Mi sembrava infinito il tempo in cui stavano via sulle loro biciclette. Ho scoperto poi sui libri di pedagogia che i bambini non hanno la percezione del tempo. Non c’è ieri e non c’è domani, vivono solo il momento presente. Sono avanti loro: buddisti senza saperlo, Yogici senza volerlo.
Più avanti, negli anni della mia giovinezza, ho sempre usato la bicicletta per scappare nella natura del parco di Monza dopo le (tante) ore trascorse sui libri. Era un giro molto lungo che mi permetteva di sfogarmi e di distrarmi. C’è un viale all’interno del parco chiamato via dell’amore. Non è molto lungo, formato da una doppia fila di alberi che si chiudono l’uno sull’altro con le chiome come fossero degli innamorati abbracciati. Mi mancava passarci in mezzo, alzare lo sguardo al cielo e vedere solo rami e foglie sopra di me…
Erano quasi quattro anni ormai che non salivo più su una bicicletta. Non ho avuto dubbi quando mi hanno chiesto cosa volessi per questo mio ultimo compleanno: un tandem.
Poldina, la rivoluzione della luce
E luce fu.
Ho sempre pensato che Caravaggio somigli più ad un fotografo contemporaneo che a un pittore rinascimentale. Naturalmente questo significa essere visionari ed innovatori: rivoluzionari. La vocazione di San Matteo con quel fascio di luce che illumina i protagonisti di questa storia per immagini descrive perfettamente il mio modo di vedere. Tutto ciò che è inondato dalla luce e al centro del mio campo visivo si staglia come una montagna (o quasi).
Le lampade da tavola “Poldina” sono il mio Caravaggio quotidiano. Quando il design è al servizio della persona, etica ed estetica si fondono. Sono semplici ma allo stesso tempo eleganti. Capaci di creare atmosfera. Rendono la tavola un’isola ricca di mistero e magia. Non credo che l’ideatore Federico De Majo avesse immaginato che sarebbero state rivoluzionarie (almeno per me). Da qualche anno ne abbiamo alcune disseminate per casa. Ormai la trovo spesso nei locali e nelle case che frequento. Dovrebbero renderle obbligatorie in tutti i ristoranti con una legge del governo così da averne sempre alcune a disposizione di chi le richiede. Un po’ come le catene a bordo delle auto nei mesi invernali…
Il contrasto
Nel mondo dell’arte la bicromia è sempre stata alla base di un certo stile e gusto estetico. La facciata della basilica di Santa Maria Novella a Firenze (solo per fare un esempio conosciuto ai più) né è un perfetto esempio: il bianco e il nero dei marmi che la rivestono ne esaltano i contorni che si stagliano sul paesaggio circostante.
Ho capito che la mia vista era decisamente peggiorata quando ho iniziato a non distinguere più la mozzarella su un piatto in ceramica di colore bianco. Era diventata una battaglia tra me, le mie posate, la mozzarella e il piatto. Perdevo quasi sempre io. Niente di grave sono d’accordo, ma è una questione di dignità. Mi piace e credo sia importante cercare di mantenere un certo grado di autonomia e indipendenza per quanto possibile. Ecco l’oggetto che ha salvato le mie cene: i piatti neri. Li abbiamo scoperti in un ristorante e ne abbiamo subito comprati alcuni per casa. Ormai li uso nella quotidianità quando preparo il risotto o quando prendiamo il sushi da asporto. il contrasto bianco su nero per una persona ipovedente è la migliore condizione visiva. Sul mio smartphone ormai tutte le app e funzioni sono su schermo a sfondo nero con carattere bianco. Purtroppo il web non si è ancora adattato alle esigenze delle persone con disabilità visiva. Non c’è modo di mettere lo sfondo dei siti online nero su bianco…stay tuned!
Audible
Fin dall’antichità la trasmissione orale è patrimonio dell’umanità. Ai primordi della civiltà il sapere veniva trasmesso solo oralmente. Miti e leggende passavano di bocca in bocca arricchiti e modificati dalla fantasia e creatività dei singoli individui. Forse è proprio per questo che fin dalla primissima infanzia amiamo le storie raccontate dagli adulti di riferimento (genitori, nonni, tate o maestre). È un piacere atavico iscritto nel nostro DNA collettivo. Sono stata una grande lettrice, onnivora, a partire dalle scuole medie. Nel l’ultimo libro di Daria Bignardi “Libri che mi hanno rovinato la vita” ho riletto la mia storia. Mi ci sono ritrovata in ogni parola, in ogni metafora e ricordo, in ogni esperienza. Naturalmente i libri, le storie, mi hanno salvato la vita. Mi hanno fatto vivere altre vite, molte vite. Ricordo l’ultimo libro che ho letto con i miei occhi: “Furore” di John Steinbeck. Già da qualche anno ero passata al Kindle, un’altra grande invenzione: retroilluminato e con la possibilità di ingrandire il corpo del carattere. Era il 2020, agosto per la precisione. Un anno travolgente per tutta l’umanità. Anche in quel libro i protagonisti vivevano una storia di incredibile resilienza. Travolti da un destino di fame e povertà. La fine vale tutto il libro: la vita cristallizzata in quell’ultimo gesto che racchiude amore e dolore.
Da allora non ho più letto romanzi. Anche il Kindle mi risultava ormai troppo faticoso. Non riuscivo più a seguire le parole e nella mia testa non scorrevano più lisce e veloci come un tempo. Ho forse capito un po’ di più la frustrazione connaturata alla dislessia. In tutto questo tempo ho comunque continuato a regalare libri alle mie amiche. Mi faceva star bene tenere in mano quell’oggetto speciale che è il Libro.
Agosto 2024
È successo ancora durante questo mese. Ho ripristinato l’app di Audible e ho scaricato alcuni libri che desideravo leggere da qualche tempo: “L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio, “La vita intima” di Nicolò Ammanniti e “La portalettere” di Francesca Giannone. Non riuscivo a smettere. Non riesco più a smettere. Quanto mi era mancata la lettura, la letteratura, la poesia. Quanto mi ha permeata, plasmata e forgiata la parola scritta (ora ascoltata) durante tutta la mia vita. Da sempre la parola evoca e crea sogni come bolle di sapone nelle quali (ri)nascere e vivere.
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