Educazione, Racconti di vita

…ma lei adesso come torna a casa?

6 Febbraio 2019

“Buongiorno ragazzi, vi presento Laura Scatizzi che come vi ho già raccontato è una mia carissima amica ma soprattutto è qui oggi per parlarvi delle disabilità sensoriali…”

 Questo è stato l’incipit di un’esperienza che voglio condividere con voi. Il 24 gennaio sono stata invitata a tenere una testimonianza/lezione sulla disabilità in una classe quarta superiore di un istituto professionale. Ho pensato molto al taglio da dare a questo intervento. Non volevo fosse una mera lezione frontale, nozionistica. Mi avevano chiesto di parlare di me e della mia malattia ma anche della disabilità in qualità di blogger che tratta questa materia. Ho deciso così di dividere l’incontro in due parti. La prima ora dedicata alla mia storia con racconti e letture di post ma anche esplorando e approfondendo la particolarità delle disabilità sensoriali. Un secondo momento di attività di laboratorio in cui riprendendo il progetto educativo GUARDA COME VEDO abbiamo sviluppato alcune attività per far sperimentare direttamente “con i loro occhi” alcune esperienze.

“Ciao a tutti! Grazie per la vostra attenzione e per il tempo che mi state dedicando. Lo considero un regalo bellissimo. Grazie! Mi chiamo Laura Scatizzi. La vostra prof. Arianna mi ha invitato qui per parlarvi di questa “cosa” chiamata disabilità o handicap. Tra gli addetti ai lavori si dice che si è disabili solo nella relazione con l’altro. Perché è l’altro che ti restituisce questa immagine. Ecco perché è così importante “lo sguardo degli altri”…Per arrivare ad avere una vera inclusione è necessario un cambiamento sia culturale che sociale. Di che cosa si tratta? In una vera società inclusiva è il mondo a trasformarsi per rimuovere le barriere sia fisiche (architettoniche per esempio) che civili (sociali e culturali) …al fine di “includere”, letteralmente portare dentro ciò che sta fuori. E’ un percorso in atto da anni e ancora in divenire…ma il lavoro più importante da fare è di tipo culturale perché nei confronti della disabilità ci deve essere una conoscenza, una convivenza quotidiana ed un’abitudine per arrivare ad una vera propria familiarità con la diversità in generale e con la disabilità in particolare…Nel mio blog “Un’altra storia” mi occupo di diversità per far conoscere la mia malattia e la mia disabilità, raccontando la mia vita e la mia realtà. Per cercare così di diffondere una conoscenza su questi argomenti. Il sottotitolo, se così possiamo chiamarlo, del blog è una famosissima frase, di non si sa chi o meglio attribuita a diversi personaggi, che recita “nessuno è normale se visto da vicino.” Quindi la normalità non esiste perché tutti noi siamo diversi e la diversità non è altro che l’espressione della realtà stessa. E’ solo una delle innumerevoli sfaccettature della vita su questo pianeta.”

All’inizio ero molto emozionata, sentivo la responsabilità del rendere quei momenti preziosi e utili, in qualche modo interessanti e formativi. Ero in un’aula circondata da 24 paia di occhi che mi guardavano attenti e curiosi. Volevo fortemente cercare di portare la loro attenzione sul concetto di disabilità per cercare di farli riflettere su come l’avevano guardata fino a qual momento e come avrebbero considerato la disabilità e la diversità in generale da quel momento in poi…

“Io sono nata nel lontano 1976. Sono quindi per tutti voi vecchissima ma giuro che anche io sono stata giovane. Dicevo che sono nata con una sindrome chiamata appunto sindrome di Usher che è il nome del medico che l’ha scoperta. E’ una malattia genetica quindi ereditaria nel mio caso di tipo sporadico quindi mia mamma e mio papà sono dei portatori sani e non hanno la malattia. Questa sindrome porta ad una menomazione dell’apparato neurosensoriale dell’udito e della vista. Significa che ho una sordità congenita, dalla nascita, e porto delle protesi per sentire. Mentre per quanto riguarda la vista ho una retinopatia pigmentosa e cioè una progressiva perdita della vista lenta ma inesorabile. Potremmo definirla come “una ladra silente di vista”. La particolarità delle disabilità sensoriali è che non si vedono subito. Spesso le persone se ne accorgono solo in un secondo momento. Come in tutto nella vita ci sono i pro e i contro: da una parte non si subiscono preconcetti e schemi mentali, dall’altra le persone non riconoscendo la tua diversità la ignorano …vi faccio un esempio: l’altro giorno ero al supermercato e ho urtato un uomo perché non era nel mio campo visivo. Questa persone si è irritata e mi aggredito dicendomi: stai attenta, guarda dove vai! Ma sei cieca?

Si…in realtà sono ipovedente! E’ stata la mia risposta…

La seconda caratteristica è che le disabilità sensoriali sono legate, più di altre, alla percezione. Potete capire così la particolarità della mia vita. Avere fin dalla nascita la certezza e di conseguenza la consapevolezza di non vedere e non sentire la realtà come tutti gli altri!!! Il mio modo di percepire il mondo è sempre stato per così dire: unico e personale! Ma…il segreto è che questo vale anche per voi! E questa consapevolezza ormai scientificamente provata dalle neuroscienze aiuterebbe tantissimo tutti noi nella vita quotidiana. Ci porterebbe infatti a scardinare il nostro schema mentale più forte: che esista un mondo oggettivo intorno a noi che si può percepire attraverso i sensi! Abbiamo quindi l’erronea certezza che il mondo sia solo e certamente come lo vediamo noi! Superare, distruggere, togliere questo schema mentale sarebbe, secondo me, un grandissimo salto evolutivo per il genere umano. Questo per esempio ci permetterebbe di rivedere il concetto di diversità e di normalità. Ma anche quello di handicap e disabilità come caratteristiche uniche e personali.”

 Conserverò come un ricordo prezioso le loro domande così curiose e attente. La prima tra tutte (che non mi è nuova): “ma prof. Che disabilità ha Laura?” La gentilezza nella voce e nei modi: “non vorrei essere troppo invadente, se non si sente di rispondere alla mia domanda forse troppo personale e intima”. Il desiderio tipico dei giovanissimi di trovare soluzioni perché a volte è difficile accettare la realtà così come è: “non esistono medicine per guarire?” Con gli occhiali non può vedere meglio?”. La voglia di capire di più e meglio quello che provo: “lei è una mamma, non ha paura?”. La purezza, la semplicità e la sensibilità dell’ultima domanda: ma adesso lei come torna a casa?

Le domande aiutano a crescere, gettano ponti per unire le persone tra loro, fanno scoprire nuovi mo(n)di di vedere…

“Volevo anche parlarvi di un altro argomento. A volte mi chiedo se ho il diritto di parlare della mia vita, di condividerla sui social e attraverso il blog.. Ormai sapete come la penso, non c’è una risposta giusta e soprattutto valida sempre ma posso dirvi perché lo faccio. Citando Wonder posso dire che questo è uno dei precetti del giorno:

Faccio tutto questo nell’idea che le persone leggendomi o ascoltandomi, in questo caso, possano dire se ce l’ha fatta lei, ce la posso fare anche io.

Il secondo precetto di oggi è: io ho una malattia ma non sono la malattia. Vuol dire che ogni giorno cerco di non farmi influenzare o vincere da questa cosa. Ovvio che ci convivo e che determina inevitabilmente il modo in cui vivo. Per esempio da tre anni non posso più guidare e cerco di non andare in giro da sola al buio perché so che non vedo ed è un continuo ridefinire i confini tra ciò che posso fare e ciò che voglio fare e che faccio…

Spero con le mie parole di essere riuscita a farvi vedere la diversità con occhi nuovi anzi con altri occhi, con gli occhi di un altro…Mi piacerebbe prestarvi i miei…

Da questo momento inizia la parte esperienziale di laboratorio. Mi piacerebbe lasciare ai ragazzi la possibilità di raccontare quello che hanno provato, le loro emozioni positive e negative…magari nel prossimo post! Hanno sperimentato alcune problematiche legate alla vista (perdita della visione centrale, visione tubolare e visione a spots) indossando tre diverse tipologie di occhiali speciali offerti dall’associazione Retinitalia Onlus. Con questi occhi(ali) hanno provato a relazionarsi tra loro e con me, a leggere un libro o lo schermo del loro cellulare. A svolgere insomma semplici azioni quotidiane. In un secondo tempo sono stati  bendati per fare tre diverse attività: toccare libri tattili e braille di storie per bambini, conoscersi un pò attraverso il tatto e infine hanno provato a versare dell’acqua in un bicchiere….Attraverso questo laboratorio mi è sembrato che abbiano potuto sperimentare (temporaneamente e in modo simulato ovviamente) le difficoltà, la frustrazione, il timore, l’incertezza ma anche aspetti positivi come l’empatia, la ricerca di strategie, la sfida a, la voglia di…

Grazie ragazzi! Siete stati fantastici…

 

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