Racconti di altri

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

21 Marzo 2019

Quando ho avuto la possibilità di leggere le parole che i ragazzi della 4B hanno scritto dopo aver partecipato all’incontro “Guarda come vedo”, ho preso tra le mani i loro fogli e mi sono lasciata trasportare dai loro pensieri e dalle loro parole. Scritture diverse di persone molto diverse tra loro. Giovani ragazzi ancora in cerca di loro stessi. Curiosità mista a paura, di vivere, di sbagliare, di non capire e di non essere capiti, di essere troppo diversi dagli altri o troppo uguali. Un’incertezza nel procedere, un zigzagare nella vita come l’inchiostro nero lasciato dalla loro penna mentre scrive su un foglio bianco.

Ho pensato molto se pubblicare, almeno in parte, questi scritti. Non vorrei risultare auto celebrativa né ridondante, credetemi, non mi interessa far mostra di me o della mia malattia per avere riconoscimento e (auto)compiacimento. Come dissi una volta a un genetista che mi aveva accusato di andare fiera della mia condizione, davvero ne avrei fatto volentieri a meno e non c’è giorno in cui non penso o spero di guarire; ma è innegabile che questa “esperienza” ha in qualche modo plasmato il mio carattere e la mia personalità. Il rischio di essere fraintesa o giudicata fa’ parte del gioco, della scrittura e della vita. Assumo questa responsabilità e prendo questo rischio perché le emozioni e le riflessioni dei ragazzi della 4B mi sembrano importanti e profonde. Vale la pena leggerle e condividerle perché loro sono il nostro futuro.

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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.


Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono


le coincidenze, le prenotazioni,


le trappole, gli scorni di chi crede 


che la realtà sia quella che si vede.


Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio


non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.


Con te le ho scese perché sapevo che di noi due


le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,


erano le tue.

(poesia di Eugenio Montale tratta da Xenia, n.5)

Mi ha molto colpito leggere nello scritto di Nicolò della 4B questa poesia di Eugenio Montale, scritta per la moglie gravemente miope dopo la sua morte.

Le scale sono sempre state un grande ostacolo per i miei occhi. Per una persona ipovedente o con gravi problemi di vista i gradini in serie rappresentano una bella sfida. E’ difficile rendersi conto di quando un gradino finisce e inizia il vuoto. Scendere è più pericoloso che salire. Si tentano e si inventano molte strategie per superare gli ostacoli. Aggrapparsi al braccio di una persona al nostro fianco può aiutare a renderci più sicuri. Lasciarci così guidare, un passo dopo l’altro, un gradino dopo l’altro…

Le scale sono ovunque. Il mondo è pieno di scale, la vita stessa può essere vista come una scala. Fanno parte della nostra contemporaneità: gradini per scendere sottoterra o per salire verso il cielo dentro scatole di vetro, cemento e acciaio. Non è sempre stato così il mondo ma oggi lo è.

Questi ragazzi possono comprendere profondamente cosa questo significhi. In fondo, l’adolescenza può essere ben rappresentata da una ripida e impervia scala che induce sentimenti di vuoto e solitudine…

Come scrive con saggezza e profondità Silvia T.: la vita delle persone non viene limitata esclusivamente dai vari tipi di handicap e disabilità ma anche da “normali” problemi che a seconda di chi ne è soggetto possono risultare insopportabili. Ci vuole molta forza per accettare e riconoscere i propri limiti e le proprie paure derivanti da problemi che, anche se diversamente, sono presenti in ognuno di noi. Ci vuole altrettanto coraggio nel fare in modo che queste difficoltà non precludano la nostra vita. Penso che sfidare i propri limiti per sentirsi uguali agli altri e anche volerlo dimostrare sia un processo che alcune persone, pur avendo sofferto, fanno per non sentirsi esclusi ed inferiori. Mi sono ritrovata inaspettatamente a pensare che io stessa dalle elementari sono stata presa in giro sia dai compagni che dagli insegnanti, distruggendo completamente la persona che ero. Tutto di me era “diverso” dai miei coetanei e quindi da considerarsi sbagliato. Negli anni a seguire, dopo un episodio in cui penso di aver toccato il fondo, cominciai a lavorare su me stessa e a ricostruirmi per intero.

E ancora: la disabilità è considerata generalmente come un impedimento o come qualcosa di totalmente negativo. Perché si pensa questo? Una persona affetta da una menomazione di qualsiasi genere, non deve considerarsi inferiore, anzi, deve sentirsi speciale e accolta come una persona con determinate caratteristiche. Le persone con disabilità dovrebbero essere viste come una ricchezza per l’umanità perché aiutano tutti noi a riconoscere, valorizzare ed apprezzare la diversità presente comunque in ognuno di noi. (Mariachiara)

Mi sono ritrovata molto nelle parole di Samuele:

La diversità è un argomento che a me piace molto perché include anche me. Mi aiuta a conoscere prima di tutto me stesso e la mia condizione. Per le persone con disabilità è importante avere l’opportunità di confrontarsi con gli altri e di raccontarsi. Io ho apprezzato molto questo incontro organizzato dalla nostra professoressa perché io sono uno che si piange addosso e questa cosa non mi piace. Sono io e non la mia disabilità, non grave, che mi impedisce di fare delle cose che potrei, volendo, tranquillamente fare. Se una persona vuole davvero fare qualcosa niente e nessuno può fermarlo. Ho riflettuto a lungo su questo aspetto. E’ una vita che mi sento dire da tutti quelli che mi conoscono che ho delle potenzialità che devo riconoscerle ed imparare ad usare per andare avanti nella vita! Adesso penso che se ce la fanno gli altri, posso farcela anch’io!

Durante l’incontro “Guarda come vedo” ho provato varie emozioni forti e diverse sensazioni di disagio. Soprattutto durante la parte di laboratorio, mentre provavo gli occhiali, ho avuto paura e ho pensato: “ma loro come fanno a vivere così sempre? A non poter vedere perfettamente tutto quello che succede intorno a loro?”. La vita per le persone con disabilità è normalissima così. E’ stata un’esperienza più che interessante provare delle sensazioni di una persona non vedente e stare con gli occhi chiusi per un paio di minuti cercando semplicemente di versare un po’ d’acqua in un bicchiere…perché a volte ci si dimentica di pensare ad un problema se non siamo noi a doverlo affrontare: ci si deve dare una svegliata e non restare indifferenti perché non ci riguarda. (Lorena)

Da questa esperienza porto a casa tanto, penso che nella vita ci voglia più empatia, non bisogna mai giudicare, bisogna sempre ascoltare l’altro e tenere tanti pensieri per sé perché se una persona può trovare facile qualche cosa magari per qualcun altro non lo è e noi non possiamo saperlo. Penso che anche se c’è una disabilità non deve essere quella a fermarci. (Silvia D.)

Ho vissuto un’emozione abbastanza strana ma anche bella quando ho provato ad indossare occhiali per vedere in maniera diversa, oppure leggere sul libro in braille con una maschera sul viso. E’ stato interessante perché così ho imparato delle emozioni che non avevo mai vissuto prima. (Luciano)

La vita è un susseguirsi di esperienze, non sempre belle e piacevoli. Avere consapevolezza di sé e del mondo che ci circonda, riconoscere e saper esprimere le nostre emozioni, dando loro un valore qualitativo, è parte del processo evolutivo della vita. A tutte le età, di tutte le persone.

 

Photo courtesy Ivan Copercini

http://www.ilbarba.com

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